lunedì 15 marzo 2021

QUINQUE SENSUS

 

QUINQUE SENSUS



Visus, us: oculus, i

Auditus,us: auris,is

Odoratus,us: nasus, i; nares, ium

Gustatus, us: lingua, ae; os, oris

Tactus, us: manus, us; digitus,i; corpus totum

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Sensus, interpretes ac nuntios  vitae, in capite tamquam in arce, natura collocavit.

Visus in oculis est. Oculi tamquam speculatores ac vigiliae altum capitis locum tenent, unde omnia videre possunt.

Aures quoque recte natura in altis corporis partibus collocavit: sonitus enim alta petunt. Auditus in senibus non est tam validus quam in iuvenibus.

Itemque nares recte sursum sunt: odores enim ad superas partes tendunt; non sine causa, praeterea, ori nasus vicinus est. Narium opera cibos potionesque iudicare possumus. Odoratus gustatum adiuvat in ciborum optimorum  optione.

Tactus autem toto corpore aequabiliter diffusus est, itaque omnes ictus et omnes frigoris ac caloris adpulsus percipere possumus. Manus et digiti praesertim, cum aliquid tangunt, multas cognitiones ad cerebrum nostrum mittunt.

 

 

lunedì 15 febbraio 2021

Le specie arboree nel parco di Villa Amalia

Un grazie speciale a Giuliana Rigamonti



IL PARCO DI VILLA AMALIA
SCHEDE – SPECIE ARBOREE O ARBUSTIVE
OGGETTO DEL PERCORSO VISITA

NOME SCIENTIFICO: HYDRANGEA MACROPHYLLA
NOME COMUNE: ORTENSIA
DOVE:sul viale d’accesso alla scuola, interno al cancello
CARATTERISTICHE:
FOTO:



NOME SCIENTIFICO: CAMELLIA
NOME COMUNE: CAMELIA
DOVE: nel viale d’acceso al cortile del pozzo
CARATTERISTICHE: Camellia L., un genere di piante della famiglia delle Theaceae (pianta del te’) originario dell'Asia. Il nome  deriva dal nome del missionario  Kamel (1661-1706), farmacista e botanico, che per primo importò la pianta dal Giappone. Il genere Camelia comprende piante a portamento arbustivo o ad alberello, sempreverdi, alte in natura fino a 15 m. Le foglie sono di colore verde più o meno scuro secondo la specie, lucide e dure, lanceolata. I fiori sono semplici o doppi di colore bianco, roseo o rosso, privi di profumo o molto profumati; sono piante adatte ai climi temperati e umidi. La specie più coltivata come pianta ornamentale nei giardini, parchi e viali, è la C. japonica L., originaria della Corea e del Giappone, arbusto che raggiunge alcuni metri di altezza, fioritura primaverile

  


NOME SCIENTIFICO: OSMANTHUS
NOME COMUNE: OSMANTO O OLEA FRAGRANS

CARATTERISTICHE: proveniente dal Giappone all’inizio dell’800. Crescita lenta, fioritura autunnale, piccoli fiori bianchi profumatissimi (tipo arancio). Posizionata vicino ai locali di soggiorno, e quindi in genere lungo i muri e nei cortili interni, serviva per poter assaporare durante l’ autunno e l’inverno i profumi tipicamente primaverili,
foglie diverse per forma e grandezza in base all’età!!!
FOTO: i tre osmantus nel cortile del pozzo
  


NOME SCIENTIFICO: MAGNOLIA GRANDIFLORA
NOME COMUNE: MAGNOLIA
DOVE: ingresso 2 esemplari – davanti cancello viale pozzo, 1 esemplare – presso cancello uscita
CARATTERISTICHE: foglie sempreverdi, coriacee (rigide), appuntite e lunghe circa 20 cm. Fiore bianco molto grande e profumato, da maggio ad agosto, che dura due giorni. Nel parco esistono specie con foglie e fiori leggermente diverse (solo nel portamento: es. più o meno “accartocciate” sul margine, fiori bene eretti oppure leggermente penduli ecc), ovvero esistono sottospecie (si chiamano “cultivar”) che sono state prodotte da incroci ed “esperimenti” botanici.
origine: ASIA, IN EUROPA sono presenze antiche, da prima delle glaciazioni, poi si sono estinte e sono state reimportate nel 1700 dall’America settentrionale. altro: uno dei tre esemplari sul lato ingresso versa in pessime condizioni di salute, malattia non ancora diagnosticata, ma sicuramente dovuto alla siccità estiva dell’anno 2015.
FOTO:     



LE SPECIE SEMPREVERDI NEL PARCO
(ovvero le conifere=
 portatrici di coni, cioè i frutti: sono quelle comunemente chiamate Pigne)- le foglie vengono chiamate AGHI.

sono distribuite in modo omogeneo in due punti (ovvero lungo il viale di ingresso, oppure in fondo lungo il muro di recinzione- dove non ci recheremo!),
e in modo disomogeneo invece nel BOSCO  che si espande verso Nord, in quanto in questa zona sono cresciute spontaneamente.

In V.A. possiamo trovare:

      CEDRO DEL LIBANO, CEDRO DEODARA (vedi), CEDRO ATLANTICA; si riconoscono di ago, ovvero corto, lungo, argenteo o brillante, riunito SEMPRE e comunque in piccoli “CIUFFI” disposti lungo il ramo.
Alcuni esemplari morti, o abbattuti da fulmini e vento –  anche abbastanza recentemente, negli ultimi dieci anni
Si ricorda che Pini Abeti e Cedri sono TRE SPECIE DIVERSE! La differenza più evidente sta nel tipo di AGHI, cioè come sono INSERITI SUL RAMO, se a ciuffi o singoli, per es.
      TASSI (vedi)
      ABETI ROSSI (lungo il muro di cinta, verso ovest –Como)
      CIPRESSI (gli attuali non originali, molto recenti!)
      SEQUOIE (c’erano alcuni esemplari, caduti o morti)
      CEFALOTASSO (vedi)

NEL PERCORSO ci soffermeremo solo sui seguenti:

NOME SCIENTIFICO: CEDRUS DEODARA
NOME COMUNE: Cedro Deodara o cedro dell’Himalaya

DOVE: ci fermiamo al maestoso cedro deodara che si trova vicino al cancello,
CARATTERISTICHE: è stato chiamato CEDRO CANDELABRO per il portamento dei rami; è molto antico, stessa età della villa, circa 200 anni quindi. Aghi VERDI BRILLANTI A CIUFFI, pochi cm. CONI (“pigne”) eretti grandi e tondeggianti.
FOTO:

NOME SCIENTIFICO: CEPHALOTAXUS
NOME COMUNE: CEFALOTASSO O TASSO DEL GIAPPONE

DOVE: di fianco al GIARDINO D’INVERNO (VEDI) – UNO SOLO.
CARATTERISTICHE:
specie molto particolare in quanto non molto comune in Italia e di origine molto ARCAICA (ANTICA). Proviene dalla Cina. Molto raro in Italia.
ASSOMIGLIA AL TASSO (vedi, prima), ma le foglie sono più lunghe e morbide, i frutti sono piccole bacche ma non rosse come nel tasso, bensì più scure.
FOTO:

NOME SCIENTIFICO: TAXUS BACATA
NOME COMUNE: TASSO
DOVE: praticamente ovunque nel parco, la specie più presente poiché si è moltiplicata spontaneamente. Ci soffermiamo su quelli lungo il viale d’ingresso, ma in realtà li incontreremo ovunque, in particolare vicino al “cefalotasso” a fianco del giardino d’inverno.
CARATTERISTICHE: aspetto “PIRAMIDALE” (lungo affusolato), aghi verdi scuri piatti duri inseriti singolarmente sul rametto. DA NON CONFONDERE con l’abete! Lì gli aghi sono più stretti più duri e soprattutto tondeggianti,e non piatti.
L’aspetto più caratteristico sono i Frutti, ovvero BACCHE rosse, con all’interno un singolo seme scuro. I frutti in realtà sono FALSI FRUTTI e si chiamano  ARILLI- La pianta è tutta Velenosa, tranne la polpa rossa dei frutti (anche se comunemente si pensa il contrario…)
FOTO:  
NOME SCIENTIFICO: OSTRYA CARPINIFOLIA
NOME COMUNE: CARPINO NERO
DOVE: zona nord, verso la fattoria rustica
CARATTERISTICHE: (in autunno la chioma è giallo oro a causa dei colori dei frutti numerosi), le foglie lunghe 5 6 cm hanno forma regolare “a lancia” con bordo frastagliato, i frutti sono riuniti in grappoli e possiedono tipiche “ali”. La corteccia del tronco è di colore grigio-marrone. Si tratta di un specie comune dei nostri boschi prealpini.

FOTO:          fofoglia
Foglia e frutto

NOME SCIENTIFICO: FAGUS SYLVATICA
NOME COMUNE: FAGGIO SELVATICO
DOVE: in gruppi di tre, riuniti davanti al giardino d’inverno, di cui due sono morti recentemente (uno è ancora da abbattere). La malattia è dovuta ad un insetto ed è molto diffusa nel nord Italia, si tratta di una specie molto diffusa nei nostri boschi, dai 600 metri di altitudine
CARATTERISTICHE: foglia simile a quella del carpino ma più morbida e lucida, i frutti sono chiamate FAGGIOLE (CON DUE G) e sono cibo preferito per i cinghiali….
FOTO:  






LE SPECIE INFESTANTI (ERBACEE ED ARBUSTIVE) PRINCIPALI:
 il sottobosco del parco di VA, con le infestanti

NOME SCIENTIFICO: PHYTOLACCA AMERICANA
NOME COMUNE: FITOLACCA


SPECIE ERBACEA delle regioni tropicali. SI riproduce velocemente tramite le bacche viola. E’ arrivato in Lombardia circa 30 anni fa e ha sostituito velocemente le specie tipiche del sottobosco. Il nome generico deriva dal greco phyton (pianta) e dalla radice araba lakk (lacca), cioè lacca vegetale per il colore del frutto maturo che, se spremuto, secerne un succo viola scuro che macchia intensamente. L’unico modo per ESTIRPARLA sta nell’eliminare le bacche prima che finiscano a terra… si trova nella zona nord del parco e la sua diffusione è in rapida ascesa…



NOME SCIENTIFICO: AUCUBA  JAPONICA
NOME COMUNE: AUCUBA o Eucuba
DOVE: praticamente ovunque, laddove non è stata estirpata, in particolare nella zona nord verso la fattoria rustica
CARATTERISTICHE: nasce come classico arbusto che veniva piantumato come bordura per i viali, LA FOGLIA è allungata e ha caratteristiche macchie gialle. E’ una specie ormai non più utilizzata e non in commercio, Si riproduce velocemente tramite le bacche viola che compaiono in autunno.
 




NOME SCIENTIFICO: TRACHYCARPUS
NOME COMUNE: Palma o palma giapponese
DOVE: praticamente ovunque nel parco. A gruppi di tre quelle più antiche (quelli visibili a lato delle magnolie non hanno comunque più di  70 80 anni). Ce n’erano parecchie nel cortile del pozzo e sono state estirpate recentemente durante i lavori di ristrutturazione tre anni fa (sala Pontiggia)
CARATTERISTICHE: Le foglie sono a ventaglio, composte da numerosi segmenti saldati dalla base a circa metà foglia, sono portate in cima al fusto e sono larghe fino ad un metro
è originaria delle montagne della Cina - Da molti secoli è coltivata sia in Cina che in Giappone per ricavarne fibre tessili con cui produrre corde
È la palma più resistente alle basse temperature e per questo viene utilizzata nelle zone dove le altre non crescerebbero, persino in zone riparate Le piante adulte sopportano bene anche i meno 15 ° C, ed è per questo molto diffusa al Nord Italia.

IL PARCO E’ POPOLATO DA SPECIE ANIMALI COMUNI NEI NOSTRI BOSCHI.

Sono stati avvistati in tempi recenti 
VOLPE  FAINA CAPRIOLO
Ovviamente vivono nella zona più a nord, nel fitto sottobosco, ed escono solo in orari serali o notturni


LE SIEPI DI BOSSO

In dialetto chiamato MARTELLINA –

NOME SCIENTIFICO BUXUS SEMPERVIRES
NOME COMUNE . BOSSO
Classica siepe da giardino utilizzata ancora oggi come bordo ai viali

ATTACCATA DUE ANNI FA DA UN PARASSITA, una farfalla notturna che deposita le proprie uova in nidi che assomigliano ad un groviglio di ragnatele. I Bruchi  che si dischiudono sono verde brillante con macchie nere e se non vengono uccisi NELL’ARCO DI MAX 2 O 3 giorni LETTERALMENTE divorano l’intera siepe.
La pianta rimane quindi senza foglie e soprattutto senza germogli, quindi non può crescere, e in breve tempo può seccare, perché senza foglie non c’è più la fotosintesi- L’unico modo per tentare di farla sopravvivere è fare un drastico taglio alla base, sperando che con l’anno successivo possano spuntare nuove foglie.
Ciò è parzialmente avvenuto nella piccola siepe davanti al portico, i risultati sono deludenti.
Per evitare la morte e soprattutto per evitare l’attacco del parassita, si possono fare trattamenti con prodotti chimici specifici che uccidono appunto le larve. Questo deve essere fatto però nel momento giusto cioè uno o due giorni prima che le larve escano dalle uova,
nel 2015 l’epidemia, già conosciuta in Lombardia da qualche anno, si è spostata nella zona di Erba.
In realtà le siepi di bosso di villa Amalia erano sopravvissute quasi completamente ad un primo attacco di parassiti, è stato fatto fatto un trattamento antiparassitario da parte dei giardinieri, probabilmente nel periodo sbagliato, tanto che ad un successivo attacco la siepe è stata completamente divorata, ed essendo comunque abbastanza antica, ad una successiva analisi si è ritenuto opportuno non procedere al taglio completo alla base, perché comunque non avrebbe avuto possibilità di ricrescita.   









                                                                  IL PARCO DI

VILLA  AMALIA


lunedì 6 febbraio 2017

2017 Villa Amalia



Buongiorno. Siamo ......, ...... e.....(nomi),studenti del Liceo Carlo Porta di Erba.
Vi ringraziamo a nome del FAI per essere qui a partecipare alla 25^ edizione delle GIORNATE DI PRIMAVERA, che è ormai da molti anni un fine settimana dedicato alla scoperta dell'arte e della natura italiane.
Il FAI, Fondo Ambiente Italiano, è una fondazione senza scopo di lucro, nata nel 1975, per tutelare e rendere fruibile per tutti il patrimonio artistico e naturale italiano. La sua missione è conservare, restaurare e aprire al pubblico dimore storiche e aree naturali, proteggendole dal tempo, dalla speculazione e dal degrado.


Ci troviamo a Erba, località Crevenna, davanti alla  Chiesa di S. Maria degli Angeli  e a Villa Amalia.
Nel 1489 grazie all’aiuto economico dei Carpani, nobili di Incino Erba, i francescani frati minori osservanti fondarono un cenobio. Dopo circa un secolo il convento passò ai padri riformisti, prendendo il nome di Convento di Santa Maria degli Angioli. I frati qui pregavano e  lavoravano, confezionando e tingendo gli abiti per i Francescani della provincia di Milano.
Dove in passato sorgeva l’antico convento di Santa Maria degli Angeli, venne edificata una sontuosa villa di delizia chiamata Villa Amalia. Nel 1799 il convento, per legge, fu soppresso e l’immobile fu quindi alienato e messo all’asta.  Il nuovo proprietario, il conte Rocco Marliani, veronese di nascita, milanese di adozione, iniziò le opere di adattamento dello stesso per trasformarlo in villa. Il conte Marliani avrebbe voluto abbattere l’intera costruzione, ma una sollevazione popolare lo indusse a piegarsi “a più miti consigli” e a intervenire in modo meno invasivo.
L’architetto viennese Leopold Pollack, allievo del Piermarini, creò allora una residenza neoclassica, terminata nel 1801, e integrata nel preesistente convento francescano. Egli destinò le parti del fabbricato ai vari usi domestici, cercando di sfruttare i locali grandiosi del vecchio convento. In questa progettazione si dimostrò molto “moderno”, sapendo ottimizzare gli spazi anche in relazione alla loro destinazione funzionale.
Venne tuttavia abbattuta la parte del fabbricato dietro l’altare maggiore della chiesa, dando accesso al cortile interno e creando in questo modo l’entrata principale della villa: furono tolti il coro della chiesa e la sacrestia maggiore. Anche il cimitero laico e quello ecclesiastico subirono la stessa fine e furono purtroppo chiuse e distrutte tutte le cappelle laterali esistenti nella chiesa.
VILLA
Il maestoso cancello in ferro battuto immette sul viale ghiaioso d’accesso alla villa. Aldilà della siepe di bosso, attaccata due anni fa da un parassita, sono presenti pini e abeti. Notiamo alla nostra destra un Cedro dell’Himalaya, mentre a sinistra diversi tassi. Non essendoci lavori di manutenzione nel parco da diversi anni, le specie infestanti erbacee e arbustive, come Phytolacca americana, Aucuba japonica, Trachycarpus (palma giapponese), si stanno diffondendo liberamente.
L’ingresso attuale della villa è il risultato di una precisa scelta progettuale dell’arch. Pollack, che pose come asse privilegiato dell’edificio quello orientato est-ovest, rispetto al precedente assetto conventuale impostato nord-sud. Questo passaggio permise la definizione dell’ampio cortile (ex chiostro) quadrangolare, detto Cortile d’onore, che ancora oggi determina uno spazio arioso e destinato all’accoglienza. Riscontriamo dunque tra gli obiettivi dell’architetto l’intenzione di regolarizzare quegli antichi spazi del convento che risultavano da un’aggregazione non sempre regolare e precisa.
Il corpo centrale dell’edificio è più alto delle due ali laterali, destinate a corpi di servizio. La gradinata permette l’accesso alla sala degli specchi di impostazione neogotica. La specchiera al centro dell’ambiente permetteva il riflesso della suggestiva cornice montuosa del Resegone. Le tre portefinestre sono unite dal fregio soprastante, dai tratti leziosi e leggeri che raffigura putti intenti alla vendemmia ed elementi naturalistici. Una sequenza di riquadri con festoni che si dispongono ai lati degli ingressi costituisce un chiaro richiamo alla classicità e determina nella lettura della facciata un sistema proporzionato di pieni e vuoti (muri, aperture, riquadri). La fascia marcapiano grigia, elemento lineare e ordinatore del corpo principale, continua anche sulle due ali laterali, conferendo all’edificio maggiore austerità e preannunciando il tono decisamente neoclassico della facciata principale della villa.
Ultimata la parte costruttiva, Pollack e si dedicò al parco, aprendolo a raggiera e fondendo lo spazio con soluzioni d’avanguardia.
I versi oraziani della Satira VI del II libro riportati sulla lapide posta sopra il portico detto Alla Cappuccina sono indice della soddisfazione del proprietario.
HOC ERAT IN VOTIS: MODUS AGRI NON ITA MAGNUS,
HORTUS UBI ET TECTO VICINUS IUGIS AQUAE FONS
ET PAULUM SILVAE SUPER HIS FORET.
AUCTIUS ATQUE
DI MELIUS FECERE. BENE EST. NIHIL AMPLIUS ORO
                                                                  Horat. SATIR VI LIB II
Questo era nei miei desideri: un pezzo di terra non tanto grande,
dove ci fosse un orto e vicino alla casa una fonte di acqua perenne
e un po’ di bosco oltre a queste cose: di più e
meglio hanno fatto gli dèi: va bene! Non chiedo nulla di più…

I lavori terminarono nel 1801 e il Marliani volle commemorare questa data con una lapide infissa in una parete del cortile SUL LATO NORD, dedicando la villa alla sua consorte Amalia.
ROCHUS PETRI FIL MARLIANUS      Rocco Marliani figlio di Pietro
DOMO MEDIOLANO                         milanese di residenza
COENOBII VETERIS OPERIBUS A SOLO AMPLIATIS ingranditi i fabbricati di un antico convento dalle fondamenta
VILLAM EXTRUXIT ORNAVIT costruì e abbellì una villa
AMALIAM    Amalia
EX CONIUGIS KARISSIMAE NOMINE dal nome della carissima consorte
APPELLANDAM   da chiamarsi
ANNO                         MDCCCI        (MILLESIMO OCTINGENTESIMO PRIMO  =1801)
I tre esemplari di Olea fragrans fioriscono in autunno; i piccoli fiori profumatissimi consentono di assaporare la primavera anche nei mesi più bui e freddi dell’anno.
Il pozzo e il fauno, opera di un allievo del Canova, furono inseriti nella seconda metà dell’800.
Pollack, abile disegnatore di parchi reali e giardini patrizi, volle cingere pure il maestoso edificio di un vasto giardino che segna il passaggio da quello all’italiana a quello all’inglese. Le siepi di bosso e la piantumazione ordinata di tre esemplari di faggio, cipresso,  tasso coesistevano con  il bosco solcato dal torrente Lambroncino. L’area del parco a nord-ovest presenta i tipici elementi del jardin anglais, termine usato da Stendhal che fu a Villa Amalia nel 1816, ovvero gallerie, gruppi marmorei, edicole, obelischi incastonati in un insieme di specie arboree differenti.
Il sistema dell’edificio e del parco prevedono anche corpi di servizio tra i quali la fattoria rustica recentemente restaurata, le serre, le vasche di raccolta delle acque ed una ghiacciaia.
Degno di nota il giardino d’inverno riscaldato, una veranda di ferro e vetro, adiacente alla sala da pranzo, in cui era possibile osservare il paesaggio, fare colazione, leggere. L’arredo, le statue e le pitture, le piante sempreverdi, il ghiaietto bianco della pavimentazione rendevano questo spazio un’orangerie, di cui vantarsi.
Una fontana con dei putti è collocata nel giardino di fronte alla facciata.

L’interno della villa è suddiviso in diversi ambienti secondo la moda dell’epoca. Le porte perfettamente allineate consentono una visione a cannocchiale.
Sala da pranzo(ricevimento genitori)
Sala di lettura (sala docenti)
Sala dell’Aurora
Salotto giallo (presidenza)
Salotto rosso(segreteria)
Salottino d’angolo
La facciata  occidentale dell’edificio è caratterizzata da un  pronao tetrastilo con colonne e lesene di ordine ionico, sopra cui si affaccia un’ imponente terrazza. La parte superiore è occupata da un timpano decorato da finissimi monocromi e dominato dallo stemma degli Stampa di Soncino: un leone rampante con il motto NON FORTUNA SED VIRTUS.
I fregi monocromi di Giuseppe Bossi sopra le portefinestre raffigurano le stagioni della primavera, dell’estate e dell’autunno. La giocosità dei putti contrasta con la serietà dell’impianto architettonico neoclassico.
La fascia marcapiano prosegue separando i due livelli del corpo principale, conferendo una forte orizzontalità all’insieme. Le cornici delle finestre a destra e a sinistra sono aggettanti e determinano un ritmo chiaroscurale della facciata più marcato rispetto al fronte orientale. Uno splendido esempio di facciata neoclassica, che Pollack progetta facendo riferimento alle architetture cinquecentesche di Palladio, dalle quali coglie la predilezione per un linguaggio sobrio e composto, per una certa semplicità leggibile anche nelle forme piuttosto stilizzate dei capitelli ionici. Rispetto alla facciata del Cortile d’onore o del pozzo, riscontriamo un allontanamento dal decorativismo gentile e grazioso, retaggio degli insegnamenti piermariniani,  per confermare un accento decisamente più classicista. Anche in questo caso l’architetto è attento alla destinazione funzionale del pronao, che per Villa Amalia si trasforma quasi in un’apertura verso la radura che anticipa il bosco. Tale pronao evidenzia attraverso la profondità del corpo,  il tema della trasparenza e della apertura dei fronti verso il paesaggio che sembrano connotare Villa Amalia.
La sala dell’Aurora deve il suo nome al dipinto ad olio di Giuseppe Bossi. Il pittore espose la sua opera a Palazzo di Brera a Milano nel 1805 e in seguito la posizionò al centro del soffitto a volta di questa stanza.
L’Aurora, il cui volto ritrae quello di Amalia, è una donna alata, avviluppata da chiari panneggi, che tiene nelle sue mani ghirlande di fiori e che si eleva nel cielo ormai inondato dalla luce. Ai suoi piedi il putto Lucifero, dai bei lineamenti, con la fiaccola accesa è in grado di respingere le tenebre della Notte, una figura che si sta eclissando sotto un manto scuro.
Alcuni critici hanno sottolineato l’imponenza giunonica della figura femminile che richiama l’arte michelangiolesca, per la resa accentuata dei volumi, altri hanno esaltato la semplicità descrittiva di Bossi e gli effetti luministici che ha ottenuto grazie a velature trasparenti che si sovrappongono. Il tema della luce in dialettica con le tenebre, potrebbe alludere a un atto di fede verso la ragione e nel contempo essere un omaggio alla moglie Amalia.
Il pavimento è un capolavoro! Al centro della sala c’è un rosone musivo di eccellente fattura. Le tessere della sezione centrale lasciano il posto al seminato nella cornice laterale. La resa cromatica dell’insieme è impostata su vari toni di grigio che non interferiscono con i colori caldi del dipinto della volta.
Di età successiva, fine ‘800, sono invece le sovrapporte opera di Felice Zennaro, raffiguranti la Geometria, l’Industria, la Musica, la Pittura. La Scultura e la Poesia non sono più visibili.
Il colore e la doratura delle porte, la sequenza dei festoni dorati richiamano la volta e i fregi che congiungono la volta alle pareti. Ricordiamo questi festoni presenti anche sulla facciata orientale.
Il tondo del fregio sopra il camino rappresenta Amalia Masera(naso!)
Sul lato opposto il tondo rappresenta Maddalena Marliani, figlia di Rocco, moglie del banchiere milanese Paolo Bignami, amante di Ugo Foscolo.
I busti in marmo policromo di Settimio Severo (pianoforte) e di Caracalla sono copie ad opera di uno scultore lombardo di originali conservati al Museo Nazionale di Napoli.
Sul caminetto il busto di Giuseppe Parini, opera di Rizzardo Galli, originariamente posto nell’edicola nel parco e i busti (attribuzione non certa!) di Gedeone Bressi e di Johanna Faust, genitori di Lucia Bressi, consorte di Alberto Amman, opere di Giosuè Argenti del 1880.
La serra delle begonie ospitava anche piante fiorite esotiche, orchidee e felci.

CHIESA DI SANTA MARIA DEGLI ANGELI
La Chiesa, che risulta già completata nel 1485, fu consacrata il 21 gennaio 1498 dal francescano Mons. Guglielmo, vescovo titolare di Segone in Corsica, perciò detto Corsico.
Dalla piazza una scalinata porta all'ingresso sormontato da un bel rosone. La facciata fu completamente ridipinta a metà dell’800 in stile neo-gotico a finti elementi architettonici: cornici, colonne, nicchie con statue di santi.
Sono riconoscibili a sinistra i santi Pietro (in basso, con le chiavi) e Rocco (in alto, con l’abito da pellegrino, il cane e la piaga sulla coscia), a destra Paolo (con la spada) e Antonio abate (con abito monacale, bastone e maialino). La chiesa è dedicata a Santa Maria degli Angeli, ma è popolarmente indicata come chiesa di Sant’Antonio perché conserva la reliquia della mano del Santo. Ancora oggi viene riaperta in occasione della fiera di Sant’Antonio, il 17 gennaio.
Non stupisce dunque la rappresentazione del Santo in facciata, mentre la presenza di San Rocco potrebbe essere legata a uno dei proprietari della villa, Rocco Marliani. Si tratterebbe, dunque, di un omaggio al santo onomastico.
L'interno della chiesa è a navata unica con copertura lignea sorretta da tre arconi ogivali. Tale architettura è tipica degli ordini mendicanti, che nascono nel XIII secolo (ecco perché gli archi acuti gotici) e pongono in primo piano la predicazione (ecco perché l’aula unica: tutti i fedeli sono raccolti in un unico spazio e la loro attenzione si focalizza sul predicatore). Lo sguardo del fedele e del visitatore è subito attratto dal grande affresco della Crocifissione situato sull’arcone trionfale, opera di pittori della scuola di Bernardino Luini. L’affresco è pressoché identico a quello eseguito dall’importante pittore leonardesco Bernardino Luini nel 1529 nella chiesa di Santa Maria degli Angeli a Lugano, che ai tempi faceva parte della Diocesi di Como,  nella stessa posizione (arcone trionfale).
Sulla vasta parete troviamo al centro le tre croci. Da notare sopra le croci la rappresentazione delle anime dei ladroni come piccoli uomini nudi: quella del buon ladrone (a destra di Cristo) è colta in preghiera mentre un angelo la eleva al cielo, mentre quella dell’altro ladrone tenta disperatamente di sfuggire alle grinfie di un demonio. Da notare anche le gambe dei ladroni, che dalle rispettive croci si protendono in avanti con un meraviglioso effetto di sfondamento dello spazio.
In secondo piano, ai lati delle tre croci, sono dipinte due logge entro cui si svolgono alcuni episodi della passione di Cristo: la preghiera nell’Orto degli ulivi (in alto a sinistra), la derisione (in basso a sinistra), l’ascensione (in alto a destra) e l’incontro con l’apostolo incredulo Tommaso (in basso a destra). Tra le croci si vedono invece il Cristo portacroce e il compianto.
Nella parte più bassa dell’affresco sono rappresentati, nel lato sinistro il gruppo delle pie donne, nel lato destro i soldati che si giocano ai dadi le vesti di Cristo.
Da notare la caratterizzazione dei personaggi, colti in gesti quotidiani che avvicinavano all’episodio sacro ai fedeli (abiti secondo la moda rinascimentale, cagnolini che giocano, bimbo che si aggrappa al velo della madre…).
Purtroppo parte dell’affresco non è più visibile perché risulta tagliato dall’arcone aperto nel 1738 per inserire sull’altare il nuovo tabernacolo con tempietto ligneo, opera dei fratelli Torricelli di Lugano. Il tabernacolo, strutturato su tre livelli, presenta una serie di altorilievi dipinti e dorati con episodi del Vangelo.
Fino al 1797, nella parete laterale destra, si aprivano quattro cappelle, che Pollack fece demolire per far posto all’abitazione del custode e a locali di servizio alla Villa che stava progettando. Si notano ancora le dedicazioni delle cappelle, inserite in cornici architettoniche affrescate sugli arconi. Sulla destra degno di nota è l’affresco della Madonna in trono col Bambino, tra angeli musicanti, venuta alla luce nel corso dei lavori di scrostamento. Datata 1496 è attribuita a Giovan Pietro di Cemmo. Al di sotto di esso si intravede il sommo di un Uomo dei dolori (cioè Cristo con gli strumenti della passione: croce, corona di spine, spugna con l’aceto, lancia). Lungo la parete destra sono murati il Mausoleo di Massimiliano Stampa con un bassorilievo attribuito al Canova e  quello dell’imprenditore tessile, conte  Alberto Amman.
Sul lato sinistro troviamo alcune opere devozionali (a partire dal fondo della chiesa: San Rocco, Sant’Antonio abate, una cornice vuota in cui c’era un Bambin Gesù, una natività e San Carlo Borromeo con un frate francescano. Da notare il piccolo pulpito marmoreo quattrocentesco trasportato qui dall’Abbazia di Chiaravalle dagli Stampa di Soncino.
Opere di restauro e di manutenzione hanno interessato la chiesa a partire dal 1994; i lavori hanno valorizzato i reperti, le tele e gli affreschi, nonché i lacerti degli intonaci quattrocenteschi, al fine di riproporre ove possibile l’edificio antico.
I PROPRIETARI
1799-1828 MARLIANI
Rocco Marliani, avvocato e studioso di diritto, fu consigliere della Corte d’Appello durante la Cisalpina e ricoprì diverse cariche pubbliche. Uomo brillante, ammirato dalle donne, vero mecenate, amò circondarsi di scrittori e poeti, ai quali offrì nella sua villa di Erba, lo sfarzo dei ricevimenti. Sposò Amalia Masera, donna colta e raffinata, frequentatrice dei salotti milanesi. Dal loro matrimonio nacquero quattro figli: Maddalena, Pietro e Marco Aurelio (del quarto non si hanno notizie certe).

http://www.urfm.braidense.it/palchi/cronstoria_query.php?Testo=&Citato=Stendhal&Come=&Limit=1&Offset=5


1828- 1843 MARIETTI
Villa Amalia passò poi dai Marliani ai fratelli Marietti, appartenenti al mondo bancario milanese.
1843- 1886 STAMPA DI SONCINO
Nel 1843 la dimora divenne proprietà del conte Massimiliano Cesare Stampa di Soncino, il quale la ristrutturò secondo temi neogotici, lasciando intatti soltanto gli esterni, il salone dell’Aurora e il portico della Cappuccina. Alla morte di Massimiliano Stampa di Soncino, la giovane moglie, la contessa Cristina Morosini soggiornò per brevi periodi a Villa Amalia. Poiché vantava fra i suoi antenati dei dogi ritenne opportuno marcare la sua dimora erbese con il simbolo di Venezia. Fece così posizionare due leoni alati ai lati della scalinata del pronao. 
1887- 1923 AMMAN
Alberto Amman imprenditore tessile nato a Monza e la moglie Lucia acquistarono la villa. Dopo la loro morte l’immobile fu ereditato dalle due figlie:
FANNY  che sposò il conte Giulio Padulli (Fanny abitò a Erba con il marito e i figli Gerolamo e Camilla, tanto che la villa cambiò nome in VILLA PADULLI)
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LUISA che sposò il marchese Camillo Casati Stampa (Luisa si separò presto dal marito e condusse una vita dissoluta ed eccentrica…relazione con Gabriele D’Annunzio, oppio, cocaina,  feste sbalorditive, mise stravaganti)
Nel 1923 la villa venne acquistata dalla famiglia CHIESA di Chiasso.
Nel 1940 passò ai FRATELLI DELLE SCUOLE CRISTIANE.
I Fratelli delle Scuole Cristiane sono una congregazione religiosa cattolica fondata nel 1680, che gestisce in tutto il mondo numerose scuole e centri educativi, tra cui l'Istituto Gonzaga di Milano.
Il Fondatore è il sacerdote francese Jean-Baptiste de La Salle, (da cui prende il nome il piazzale) proclamato da Pio XII "patrono degli insegnanti e di tutti gli educatori" e festeggiato dalla Chiesa Cattolica il 7 aprile. Giovane sacerdote, abbandonò agi e ricchezze di famiglia per dedicarsi integralmente all'educazione degli ultimi e dei piú deboli: i bambini poveri.

Dal 1962 è di proprietà dell’ AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI COMO che l’ha destinata ad uso scolastico ospitando dal 1968 il Liceo Scientifico Galileo Galilei e dal 1998 il Liceo Statale Linguistico e delle Scienze Umane Carlo Porta.