GIORNATA PRIMAVERA FAI
19-20 MARZO 2016
Tappa 1 - Piazzetta
Buongiorno. Ben arrivati. Siamo ……………………….. del Liceo……………………… di Erba.
Vi ringraziamo a nome del FAI per essere qui a partecipare alla nostra 24^ Giornata di Primavera, che è ormai da molti anni un fine settimana dedicato alla scoperta dell’arte e della natura italiane.
Il FAI, Fondo Ambiente Italiano, è una fondazione senza scopo di lucro nata nel 1975 per tutelare e rendere fruibile a tutti il patrimonio artistico e naturale italiano.
La sua missione è conservare, restaurare e aprire al pubblico dimore storiche e aree naturali, proteggendole dal tempo, dalla speculazione e dal degrado.
Quest’oggi visiteremo Villa Torricella o, come la definiva Giuseppe Borri, uno dei suoi passati proprietari, “un bel casorino”. Ammirando l’edificio e il giardino, saremo immersi in un clima di pace e attraverso il racconto di alcuni aneddoti relativi a chi ha abitato qui avremo l’impressione di essere catapultati indietro nei secoli, dimenticando la frenesia dei nostri tempi e assaporando la tranquillità del passato.
Ci troviamo in quella che un tempo era la piazzetta comunale di Torricella, oggi corte d’accesso alla villa. Come vedete si tratta di una manciata di case disposte a balcone su un colle che guarda verso il Pian d’Erba.
Osserviamo ora la torre medievale, di cui rimane solo la parte inferiore, che potrete rivedere meglio all’uscita, e che nel corso dei secoli è stata trasformata in abitazione. La struttura consisteva di una torre di vedetta abbinata a un’ ampia costruzione adibita in parte a magazzino munizioni, in parte ad alloggio militare.
Il nome attuale TORRICELLA deriva dal tardo latino turricola; questa era una delle tante torri che mettevano in comunicazione tutti i castelli della Vallassina –Proserpio, Longone, Corneno e Galliano- con i castelli del Piano d’Erba.
Si trovava inoltre nei pressi di un importante crocevia nella rete stradale del nord Italia, in quanto prossima alla via che partiva da Aquileia e, passando per Bergamo, arrivava a Como, e alla Mediolanum –Bellagio, strada di primaria importanza. Torricella era una tappa di queste arterie e un osservatorio strategico, proprio per il fatto di trovarsi su un colle.
C’è anche una leggenda che rafforza l’ipotesi che la posizione di Torricella fosse strategica: si narra che nel 1162 Federico Barbarossa, nel saccheggio di Milano, avesse trafugato le reliquie dei Magi, molto amate dai milanesi e gelosamente custodite nella chiesa di S. Eustorgio, per trasferirle a Colonia. Per il ritorno in Germania l’imperatore scelse una via diversa da quella usuale (la via Regina) e su questa strada la leggenda vuole che in seguito sorgessero numerose chiese ed altari in onore di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre. A questo proposito ricordiamo che, nelle vicinanze di Torricella, nella località di Carpesino, si trova l’ Oratorio dei Re Magi: ciò dimostrerebbe che Torricella sorgeva su una delle vie che conducevano verso la Germania.
Nel corso del XV secolo il castello si ingentilisce trasformandosi in una dimora confortevole. Appartiene prima ai Carcano de Merono o Meroni fino alla fine del XVI secolo.
Nel 1596 mastro Giovanni Prina, di origini modeste, ma con possibilità economiche, acquista Torricella: 5 case con portico e 16 pertiche di terra .
Dopo di i Carcano e i Prina la storia di Torricella diviene un’avventura avvincente, intrigante, che ha avuto come proprietarie donne di carattere e ha vantato tra i suoi ospiti letterati come Carlo Porta e Alessandro Manzoni.
Soffermiamoci ora a osservare un’edicola votiva che rappresenta molto probabilmente l’Assunzione della Vergine. L’affresco, di semplice fattura, è di autore ignoto.
Nonostante i continui e numerosi lavori di intervento sugli edifici, come vedete, l’atmosfera di fascino rimane, soprattutto se la si immagina ricoperta di glicine in primavera.
Prima di dirigerci verso l’altro cortile nella parte nobile della villa osserviamo il portone neo barocchetto che sostituisce il precedente portone tardo-neoclassico, immortalato nella tela di Stefano Stampa, figliastro di Manzoni, Torricella dal vero.
Tappa 2 – Lapide/ portico Silva
Nel 1801 la proprietà Prina fu venduta a Raffaele Arauco, nobile milanese, che rivestì diverse e importanti cariche politiche all’interno della Repubblica Cisalpina. Arauco, in quel periodo era un uomo di mezza età ben noto, ricco e potente che aveva sposato una bella ragazza di nome Vincenza Prevosti. La cagionevole salute lo condusse alla morte a fine 1801(pochi mesi dopo l’acquisto di Torricella), mentre era in trasferta a Lione, convocato da Napoleone. La villa diventò quindi proprietà della moglie che, dopo quattro anni e otto mesi di vedovanza, sposò il famoso poeta milanese Carlo Porta.
La lapide murata sotto al portico nuovo, voluto dal Silva come replica speculare di quello originario, ricorda i soggiorni a Torricella di Carlo Porta e di Alessandro Manzoni, due grandi letterati milanesi del XIX secolo.
Nel 1818 Carlo Porta vendette la villa a don Cesare Borri, padre di Teresa Borri, seconda moglie di Alessandro Manzoni.
Dopo la morte di Giuseppe Borri, fratello di Teresa Borri, e quella di Manzoni, avvenute a pochi mesi di distanza, la proprietà nel 1873 passò nelle mani del figliastro di Manzoni, Stefano Stampa.
Nel 1907, alla morte di quest’ultimo, la villa e tutte le sue proprietà passarono in eredità all’Istituto dei Figli della Provvidenza di Milano, fondato da don Carlo San Martino che si occupava del recupero di ragazzi abbandonati, che vivevano situazioni di forte disagio e li avviava a un mestiere. Questo istituto vendette nel 1914 la casa di Torricella all’ingegnere seregnese Luigi Silva che intervenne sia sul tessuto urbanistico di Torricella, sia sul corpo di fabbrica, sia sul giardino del bel casorino.
Nel 1953 la villa passò alla famiglia Gavazzi che, ancora oggi, ne è proprietaria.
Tappa 3- Centro del cortile
Vediamo qui il risultato dell’intervento dell’ingegnere e imprenditore agricolo seregnese Luigi Silva, che aveva anche l’architettura tra i suoi interessi. Il Silva trasformò completamente il casorino, inglobando nella sua proprietà la piazza del paese e la strada che fiancheggiava il giardino sul lato sud, apportando modifiche significative all’immobile, sostituendo il brolo (giardino-orto-frutteto) con un giardino all’inglese in cui trovarono posto anche essenze esotiche come cedri e sequoie.
Pertanto l’attuale dimora di Torricella, oggi proprietà della famiglia Gavazzi, risulta ben diversa dalla casa che fu abitata da due dei più grandi scrittori lombardi dell’Ottocento.
PROPRIETA’ SILVA - ANALISI ARCHITETTONICA
orientamento dei corpi di fabbrica
L’ingresso porticato a est del corpo originario, costituito da tre archi ribassati, viene conservato; la pianta a L viene mantenuta, ma il corpo di fabbrica che si affaccia a sud sul parco viene allungato.
ampliamento
La proprietà Arauco- Borri si limitava:
- all’appartamento nobile su due livelli, il cui ingresso era preceduto da un portico a tre arcate di cotto, sostenute da due colonnine in pietra
-a un piccolo rustico che collegava la casa con la rimessa per due carrozze
disegno delle facciate e intervento verso il cortile
* le finestre del piano terra del corpo centrale vengono trasformate in porte finestre per consentire ad ogni stanza di accedere direttamente al cortile
*tutte le finestre esistenti e le porte finestre di nuova realizzazione vengono decorate con cornici, le cornici del piano primo collegano anche le finestrelle del sottotetto; una modanatura sopra ogni finestra funge da elemento di coronamento per ogni finestra.
*vengono posizionate le fasce marcapiano, per definire maggiormente l'ordine compositivo
*vengono realizzati tre balconi con parapetti differenti, due in ferro e un terzo in pietra e cemento
* gli archi del portico antico e quelli del portico-terrazza eseguito negli anni ‘20 sono del tipo “ribassato policentrico” con colonne in serizzo, la composizione e la loro fattura donano eleganza e leggerezza all’edificio
Tuttora rimane dell’antica costruzione un piccolo campanile sul tetto nel punto di congiunzione dei due corpi di fabbrica, poiché uno degli antichi proprietari, don Giacomo Borri, era un sacerdote ed era solito celebrare messa nella sua stanza, fornita di un armadio che conteneva un altare. Il campanile era provvisto di una campana che veniva suonata in quella circostanza .
ristrutturazione tipologica interna
la divisione funzionale originaria (piano terra = zona giorno e piano primo = zona notte) viene confermata
nell’ala sulla nostra destra viene creato all’interno un corridoio lungo il lato cortile per distribuire i singoli locali e per consentire ad essi di accedere direttamente al cortile
le piccole sale dal soffitto basso con volte a botte vengono trasformate in saloni di forme regolari, di ampie dimensioni, ottimamente illuminate
Osserviamo ora le stanze del piano terreno:
*sotto il portico (non visibile) c’è la sala del camino; il soffitto a botte è basso, il camino monumentale trasportato qui da un’altra casa mal si armonizza con l’ambiente rustico
*seguono la sala da pranzo, la sala del biliardo, il salotto, tutte in fuga prospettica a canocchiale, tutte progettate dal Silva. Alcuni quadri alle pareti delle ultime due sale sono dei ritratti dei membri della famiglia Gavazzi, importanti imprenditori serici, proprietari nell’ 800 di ben 120 filande nel territorio compreso tra Como e Milano.
Accanto al portico c’è la Sala Gialla, detta così dal colore delle pareti, sulle quali sono appesi dipinti di Stefano Stampa, con vedute di Torricella e del Lago di Pusiano.
Ai tempi del Porta questa sala e le camere del primo piano sopra di essa non facevano parte della villa ed erano affittate.
Gli arredi sono solo il 50% di quelli originali, perché l’altra metà fu venduta all’asta dall’Istituto dei Figli della Provvidenza, ancor prima della vendita dell’immobile a Silva.
Tappa 4 – SCALEA
Dirigiamoci ora verso il giardino. Notate la balaustra artistica e la scalea monumentale che porta nel giardino romantico voluto da Silva.
Il 29 agosto del 1806 nel cortile si svolse il banchetto di nozze di Carlo Porta e di Vincenza Prevosti che si erano sposati nel vicino Oratorio dei Re Magi di Carpesino.
A 30 anni Carlo è un bell’uomo, colto, agiato e intelligente. Riesce, poco tempo dopo averla conosciuta, a conquistare Vincenza Prevosti, l’agiata e graziosa vedova del nobile Arauco, proprietaria di villa Torricella. Il primo soggiorno del poeta nella villa è legato ad un curioso aneddoto: mentre si trova a Milano, è colto da una violenta crisi di gelosia nei confronti della fidanzata; per controllare la situazione decide di precipitarsi in calesse dalla sua amata, che dorme sola e serena nella sua camera. Per la prima volta, quindi, Porta entra tra le mura di villa Torricella e ne rimane favorevolmente impressionato. Il matrimonio tra Carlo e Vincenza trova lo scenario naturale nella dimora di campagna di Torricella. La cerimonia nuziale avviene infatti nel 1806 nella chiesetta consacrata ai Santissimi Re Magi a Carpesino, una delle poche chiese della diocesi legate a questo culto.
Racconta la leggenda che i resti dei Tre Magi furono trovati da S. Elena e fatti trasportare a Costantinopoli. Dopo varie trattative, il vescovo di Milano Eustorgio riuscì a ottenere la traslazione delle reliquie fino al capoluogo lombardo. Il carro trainato da dei buoi su cui era stato posizionato il pesante sarcofago contenente le reliquie presso Porta Ticinese sprofondò nel fango e non fu possibile rimuoverlo. L'incidente fu interpretato da Eustorgio come un segno divino e per questo fece erigere lì la basilica nella quale custodire le reliquie dei Magi. In seguito, le reliquie furono rubate da Federico Barbarossa e consegnate al vescovo di Colonia (come già detto), ma nel 1906 il vescovo di Milano riuscì ad ottenere la restituzione di alcune reliquie, le quali vengono esposte ogni 6 gennaio.
Le nozze di Carlo e di Vincenza significarono per Torricella l’inizio di una nuova era. La casa e il giardino, da quel momento, divennero oggetto di varie e sempre maggiori attenzioni, nel desiderio di rendere la proprietà il più confortevole possibile. Torricella rappresentò per i giovani sposi Porta un’oasi di autonomia e tranquillità, la possibilità di passare qualche periodo dell’anno lontano da tutto l’impegnativo clan famigliare con il quale convivevano quotidianamente. Ma se il Porta prese subito in grande affezione Torricella, sua moglie se ne stancò ben presto. Effettivamente, al tempo del Porta, viaggiare tra Milano e l’alta Brianza era una cosa abbastanza disagevole a causa del terreno paludoso, degli assalti dei briganti, delle strade disconnesse. Una carrozza privata poteva impiegare circa 4/5 ore da Milano a Erba.
Vincenza riteneva che la scomodità di questo viaggio le facesse addirittura “ribrezzo”.
Tappa 5- giardino
Carlo Porta era un tipo goliardico e di lui si raccontano parecchi aneddoti:
Carlo Porta e lo scherzo ai frati
Agli anni del primo soggiorno di Carlo Porta a Torricella (1806/1810) è riconducibile un aneddoto che vede il poeta come protagonista di una serie di scherzi goliardici con i frati dell’Eremo di San Salvatore.
Durante i suoi giorni di vacanza a Torricella Porta era solito andare alla scoperta dei luoghi più pittoreschi di Erba; l’escursione di maggior attrazione in quegli anni era quella al famoso Buco del Piombo, la grotta più grande in Lombardia. Dopo aver visitato quel luogo, i viaggiatori erano soliti scendere verso Erba, passando per il convento di San Salvatore. Il monastero aveva acquistato una grande notorietà soprattutto per il bel panorama sulla Brianza e sui laghi. Nel 1810 tutto finì per ordine del viceré Eugenio Napoleone, che ne ordinò la chiusura dell’osteria posta di fianco ad esso, però, rimase una certa fama grazie ai turisti che visitavano il Buco del Piombo e vi ci si fermavano.
Nel monastero c’era una piccola, ma preziosa biblioteca, ricca di qualche rara edizione antica, e Porta non si era lasciato scappare l’occasione di visitarla. Tra i tomi perfettamente rilegati e ben in vista sugli scaffali c’era un ponderoso volume che attirava l’attenzione di quasi tutti i visitatori: “Origini del Buco di Piombo”. Il visitatore si buttava contento sul volume, sicuro di trovare una risposta a tutti i suoi interrogativi, ma si ritrovava in mano solo una tavola di legno spessa e pesante. Il tutto fu ideato dal frate bibliotecario che, stanco di sentirsi chiedere informazioni sulla grotta, aveva confezionato questo scherzo. L’anno dopo, Porta decise di ricambiare i frati con la stessa moneta: portò loro in dono del tabacco mischiato a dello sterco di cavallo. I frati non lo seppero mai e il poeta si divertì ad osservarli mentre cercavano di nascondere le smorfie di disgusto fumando.
Tappa 6 – giardino
Silva nel giardino fece piantumare specie arboree dal fogliame rigoglioso che oggi coprono quasi completamente la vista sui laghi del Pian d’Erba.
Carlo Porta: gli amici e i versi poetici
Durante il soggiorno a Torricella, Porta poté spesso andare in visita ad amici preziosi che vivevano nei dintorni. Il poeta infatti teneva molto all’amicizia e pensava che in campagna i rapporti potessero rinnovarsi e consolidarsi.
Dopo le nozze trovò nuovi e importanti amici e Torricella fu il teatro nel quale nacquero e si svilupparono forti legami, di cui racconta in alcune sue rime.
Gita a Pusiano
Al 1809 risale la più famosa lettera-poema che parla delle allegre escursioni brianzole di Carlo Porta. Alternando rime spiritose a brevi prose, descrive alla suocera Camilla l’escursione al lago di Pusiano, fatta con la moglie Vincenza, la sua cameriera, alcuni amici e il suo cane, partendo da Inverigo fino ad arrivare a Pusiano, e con una traversata del lago in barca. I gitanti fanno due soste al mattino: la prima nei pressi di Moiana, sulle rive del lago, e la seconda all’osteria Leon D’Oro a Pusiano. Anche al pomeriggio, ritornando a casa, la comitiva fa sosta in varie osterie per bere e mangiare. Pusiano e il lago erano diventati una meta famosa molto frequentata da turisti, grazie anche ai soggiorni dell’arciduca Ferdinando D’Asburgo e del viceré Eugenio Napoleone e alle citazioni che ne avevano fatto nelle loro opere Giuseppe Parini e Ugo Foscolo.
Tappa 7- giardino 3
Teresa Borri & Alessandro Manzoni
Nel 1822,Teresa ordinò un ritratto di famiglia al pittore più in voga e più conteso di Milano: Francesco Hayez. Il quadro, oggi conservato nelle sale della pinacoteca di Brera, raffigura Teresa Borri con il figlioletto Stefano e, alle sue spalle, le madre e il fratello. Il paesaggio, rappresentato nel quadro, potrebbe alludere ai dintorni di Torricella. Perciò vi è la possibilità che il pittore avesse ritratto i Borri Stampa nei pressi della villa. Il quadro, però, non fu di gradimento a Teresa, la quale chiese un ritocco al pittore, che si rifiutò, poiché non voleva modificare la sua opera.
Hayez fu spesso in Brianza e a Erba acquistò Villa Chiesa-Molinari, come residenza di villeggiatura, ancora oggi abitata dai suoi discendenti, e pertanto conosciuta come Villa Hayez.
Il giorno di Natale del 1833 morì la prima moglie di Manzoni, Enrichetta Blondel. Successivamente l’incontro tra Alessandro Manzoni e Teresa Borri è dovuto a Tommaso Grossi, il quale sapeva che in casa Manzoni si voleva che Alessandro si risposasse, e per questo gli parlava di lei. In seguito, sul finire del 1836, una sera, al teatro della Scala, Grossi presentò a Teresa il già affermato poeta. La contessa Teresa piacque subito al Manzoni e anche a sua madre, donna Giulia Beccaria, figlia di Cesare Beccaria. Manzoni, dopo qualche altro incontro, le chiese di diventare sua moglie. Fu un matrimonio felice, durato ben 25 anni, come testimoniano le lettere che i due sposi si scambiarono. Fu solo grazie a Teresa e alla sua mania di catalogare qualunque foglio o oggetto di proprietà di Manzoni, che oggi ci è possibile avere molte testimonianze dello scrittore. Del marito Teresa collezionava praticamente tutto, le inezie e le cose importanti; addirittura , talvolta, mentre erano a Milano Teresa gli scriveva dei messaggi su bigliettini dalla sua camera da letto al primo piano. Manzoni rispondeva dal suo studio al pian terreno e Teresa riponeva anche queste insignificanti risposte tra i suoi tesori. Dopo l'iniziale armonia, i rapporti tra donna Giulia Manzoni Beccaria e la nuora Teresa, appena a pochi mesi dalle nozze, si deteriorarono fino a diventare pessimi. Donna Giulia, che tanto aveva desiderato le seconde nozze del figlio, dovette pentirsi della scelta fatta. Nacquero tra suocera e nuora varie, lunghe e spiacevoli dispute; in queste dispute il nome di "Torricella" era uno di quelli che bastava subito a mettere di malumore la madre del Manzoni, la quale detestava questo luogo. Contrariamente alla madre, dopo aver soggiornato a Torricella, ospitato dal cognato Giuseppe Borri, Manzoni si innamorò di questo “angolo di paradiso”.
All’inizio dell’estate del 1859, Manzoni per circa un mese soggiornò a Torricella, dove usò la stessa camera da letto nella quale, anni prima, aveva riposato Carlo Porta.
Testimonianza di questo soggiorno è la lapide commemorativa che abbiamo osservato sotto il portico voluto da Silva.
Ad Arcellasco, condusse una vita tranquilla e gli abitanti del luogo lo ammiravano e lo rispettavano grazie alla fama raggiunta con l’opera: “I Promessi Sposi”. Da buon camminatore trascorreva la sue giornate facendo lunghe passeggiate sui sentieri che circondavano Torricella, sempre in compagnia di qualcuno, dal momento che soffriva di agorafobia. Manzoni era un uomo molto religioso e devoto, infatti, come tramandavano con orgoglio gli abitanti del luogo, si recava tutte le domeniche a messa nell’Oratorio dei Re Magi a Carpesino.
Tappa 7 - conclusione nel giardino
Ora ci salutiamo e ci dirigiamo verso l’uscita; vi ringraziamo per l’ascolto e vi invitiamo a visitare l’Oratorio di san Bernardino qui ad Arcellasco e l’Isola dei Cipressi a Pusiano.
Se desiderate altre informazione sul Fondo Ambiente Italiano non esitate a rivolgervi ai nostri volontari, grazie, arrivederci al prossimo anno.
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