sabato 11 maggio 2013

Il Lazzaretto

Giornata di Primavera FAI Fabbrica Durini



  Apprendisti Ciceroni,                                                      marzo 2011
Castello Durini                                        

  Buongiorno. Ben arrivati. Siamo ……………………….. del Liceo Carlo Porta di Erba. Vi ringraziamo a nome del FAI per essere qui a partecipare alla nostra 19^ giornata di Primavera, che è ormai da molti anni un fine settimana dedicato alla scoperta dell’arte e della natura italiane.

Il castello che stiamo per visitare è il Castello Durini, situato su un’altura che domina lo scenario naturale fino alle Alpi. (E nelle giornate più limpide si può vedere anche la vetta del monte Rosa).
Questo luogo rappresenta una delle dodici splendide residenze  lombarde fatte edificare o appartenute ad esponenti della Famiglia Durini, notissimo ceppo del patriziato milanese.

Storia del Castello Durini
Il primo documento che abbiamo di questo castello risale all’anno 860. Sappiamo che Tadone, nativo di Fabbrica Durini, divenne arcivescovo di Milano.
Alla fine del ‘300 la famiglia Dal Verme ricevette in feudo la Pieve di Incino, di cui Fabbrica Durini faceva parte. La famiglia era al servizio dei Visconti, signori di Milano. Seguì gli Sforza quando questi ultimi succedettero ai Visconti come signori di Milano.
Dal 1401 al 1407 il castello fu infeudato a Facino Cane, condottiero italiano, che aveva imparato l’arte delle armi combattendo con Ottone di Brunswick. Facino Cane combattè poi con gli Scaligeri e per il Marchese di Monferrato e infine anche per i Visconti di Milano.
Nel 1543 il conte Giacomo Dal Verme vendette i diritti sul feudo a Fabrizio Casati e la famiglia Casati fu proprietaria del castello fino al 1748, quando la proprietà passò al conte Giacomo Durini, feudatario di Monza. Da allora il castello è sempre rimasto proprietà dei conti Durini di Monza.

La famiglia Durini
Un grande casato lombardo, il cui splendore si intreccia alla storia di Milano, dalle guerre di religione alla Rivoluzione francese, al Risorgimento italiano.
Originaria di Moltrasio, la famiglia acquisì nel 1648 la contea feudale di Monza e la conservò sino  all’epoca della Repubblica Cisalpina, fine XVIII secolo, quando il nuovo diritto di matrice rivoluzionaria  abolì i feudi.
Ha lasciato  profonda memoria di sé negli eventi politici, nella cultura e nell’arte: a  Milano  esiste una via Durini, principalmente nota per lo stupendo palazzo, gioiello  barocco iniziato nel 1642.
La famiglia annoverò  pure  tre cardinali,  fra i quali si distinse Angelo Maria (1725-1795), nunzio apostolico in  Polonia, letterato e munifico protettore di poeti: Giuseppe Parini, significativamente, gli dedicò l’ode “La Gratitudine”.
Nome di spicco fra i Durini degli ultimi secoli fu Antonio, monsignore ed anch’egli destinato alla porpora cardinalizia se nel 1797 non avesse abbandonato la tonaca per aderire alla fede rivoluzionaria e repubblicana. Fu podestà di Milano  dal 1807 sino alla Restaurazione. Fece costruire dall’architetto Cagnola (  proprietario  e autore della villa “La Rotonda” a Inverigo) l’Arco della Pace a Milano. L’Arco era iniziato come arco di trionfo per Napoleone, ma fu poi terminato sotto  il dominio austriaco, così il podestà Durini affermò di averlo fatto per la pace  e fece togliere le effigi di Napoleone. Anche  la neoclassica Porta Ticinese a Milano fu fatta costruire  da Antonio Durini.
Altro importante esponente della famiglia fu Giuseppe, che prese parte alle Cinque Giornate di Milano e fu membro del Governo provvisorio che ne seguì.
A Milano, inoltre, una fondazione istituita nel 1939 da Antonio Durini ne perpetua lo spirito di mecenatismo con una raccolta d’arte di alto livello, poi donata ed ora depositata al Castello Sforzesco  e al Museo d’Arte Moderna di Via Palestro.

Il Castello
E’ un complesso architettonico di grande interesse. Il fulcro è la torre di origine tardo-romana (V secolo)   che  costituì il primo nucleo di un’evoluzione di modi abitativi ininterrotta sino al primo Ottocento. Ma l’assetto edilizio di chiaro stampo neoclassico gli fu dato nel primo Ottocento dall’architetto Carlo Amati, uno dei più importanti del suo tempo, allievo del Pollack  e rispettoso seguace della lezione vitruviana di rigoroso equilibrio e ordine formale. Nel 1815 l’Amati disegnò la sala da pranzo  e la cappella di palazzo.
Il balconcino che si affaccia dalla torre ha una storia di orgoglio. In origine si trovava sulla facciata del palazzo di Via Durini a Milano per consentire al governatore spagnolo del ducato, don Luis Guzmàn Ponce de Leon, di parlare al popolo. Il podio del Governatore venne rimosso finito il dominio spagnolo, agli inizi del XVIII secolo.
Il parco
 Il parco sorge dove prima c’erano vigneti e la sua sistemazione risale alla fine dell’Ottocento.

Il viale d’accesso  principale a nord termina con una monumentale scalinata barocca che si allarga alla base con un effetto fluido di cascata. Risale al Settecento, al periodo teresiano, come i due rustici che si trovano a fianco del viale.
I fabbricati rustici erano anticamente occupati da dipendenti agricoli, ma la villa è ancora centro vitale di residenza. Vi risiedono infatti stabilmente i discendenti dei conti  Durini, il conte Teobaldo e  la contessa Eugenia dal 1989.

L’interno
Entriamo nella SALA DELLE COLONNE, in stile Impero, progettata da Carlo Amati nel 1815 voluta dal podestà Durini per seguire la moda del tempo. Precedentemente era la sala da pranzo, ed aveva forme e dimensioni diverse. La sala è marmorizzata sia nelle pareti che nelle colonne opera di artigiani del lago di Como. Il pavimento è  in stile Impero con al centro un mosaico raffigurante la Rosa dei Venti. Il busto dell’imperatore romano potrebbe raffigurare o Cesare o Augusto.

Il soffitto è a cassettoni del ‘600.

Dalla Sala Impero passiamo nel magnifico SALONE DA BALLO con acustica perfetta ornato da tre scintillanti lampadari di cristallo di rocca. I lampadari sono stati restaurati dal Conte Baldo Durini, nel 1989. Nella boccia centrale, per ricordare il restauro, è stato posto un cartellino e, sorprendentemente, nello stesso posto è stato trovato un altro cartellino risalente al restauro effettuato nel 1892. I balconcini erano destinati ai musicisti. Uno degli affreschi celebra il cardinal Durini, ultimo governatore di Avignone, per aver emanato il Codice Durini in cui, tra le altre cose, condanna la persecuzione degli Ebrei
Come potete vedere, le sale e i saloni sono stati tutti accuratamente restaurati, ripristinando anche le pavimentazioni originali di cotto lombardo  e liberandole da inopportune sovrastrutture. Il soffitto è una tela affrescata 

Passiamo ora nel SALONE DEL PIANOFORTE, così chiamato per la presenza di un prezioso pianoforte, donato da Giacchino Rossini, ospite frequente in  questo castello, alla Duchessa Guglielmina Litta, moglie di Alessandro Durini, il pittore al quale è dedicata la Fondazione Durini, che offre al pubblico una raccolta d’arte di grande importanza.
Notate le lesene marmorizzate con i capitelli in oro zecchino. Anche questa sala, come la prima, è di stile neoclassico.  Molto importante è il soffitto, opera di Giocondo Albertolli, famoso decoratore di interni, che lavorò soprattutto a Milano nell’ambito della cultura figurativa neoclassica di cui la città era allora importante centro.
Il divanetto è di fine ‘800, la console e le poltroncine sono in stile Luigi XVI


Entriamo ora nella GALLERIA e osserviamo il soffitto, affrescato da Alessandro Durini, con gli stemmi di tutte le donne che sono entrate spose in  casa Durini. Ci sono gli stemmi degli Archinto, dei Litta, dei Casati, dei Ruffino di Diana…. I busti sono quelli di Ercole Durini fratello di Alessandro, di Guglielmina Litta, moglie di Alessandro e di Giuseppina Casati, madre di Alessandro (nuora e suocera!)  
Il legame della famiglia Durini con Monza è ben evidenziato dallo stemma del Comune di Monza con Corona Ferrea, Croce di Berengario e la dicitura:
EST SEDES ITALIAE REGNI MODOETIA MAGNI (Monza è la sede del grande Regno d’Italia)

Uscendo dalla Galleria ammiriamo lo scalone affrescato e una portantina, risalente al ‘700 genovese.

Ci troviamo nel portico davanti allo stemma dei Durini (le strisce rosse spettavano al primogenito, gli altri figli adottavano lo stesso stemma con le strisce blu)

Mentre la facciata ovest e la scalinata sono barocche, possiamo vedere  che la corte interna a est è chiaramente neoclassica, inizio ‘800.  Da notare il timpano, l’orologio meccanico e le ali asimmetriche della corte. Il mosaico con la scritta latina SALVE sulla soglia che introduce nella galleria è anch’esso tipico dell’800.
Usciamo verso sud lasciando sulla destra le scuderie nelle quali si ritiravano le carrozze e i cavalli mentre  gli ospiti venivano ricevuti nella nobile dimora e  notiamo il GIARDINO PENSILE all’italiana, uno dei pochi, quasi unici, giardini rinascimentali con labirinti di bossi, ora scomparsi. E’ un vasto terrazzo, 1000 mq, sostenuto da muraglioni e impreziosito da due cipressi che hanno più di cinquecento anni.
Al centro si nota una cisterna in grado di raccogliere l’acqua piovana dei tetti di tutto l’edificio.  Le due statue risalgono al ‘700.
La chiesa, il cui campanile è ben visibile, (notiamo la scritta Tempes repello cioè allontano la tempesta) faceva parte del castello e fu donata dai conti Durini alla curia di Milano venti’anni fa.  
Ancora oggi la maggior parte del fabbricato non è abitata, in attesa di un recupero certamente complesso. Ma l’energia dei proprietari ha risparmiato questo luogo dalla speculazione  e ha mantenuto integro questo castello, con la sua millenaria struttura di pietra, in una cornice agreste che ci ricorda tempi migliori.


Gli ospiti
La Villa Castello di Fabbrica Durini è stata sempre un centro di accoglienza per nobili, intellettuali, musicisti e artisti.
Giuseppe Parini , ospite abituale, dedicò alla famiglia Durini l’Ode “La Gratitudine”. E’ una composizione poetica del 1791 indirizzata al Cardinale Angelo Maria Durini. La poesia è un testo di carattere celebrativo (“Parco di versi tessitor ben fia/che  me l’Italia chiami;/Ma non sarà che infami/Taccia d’ingrato la memoria mia./Vieni o Cetra al mio sen;/E canto illustre al buon Durini sciogli./Cui di fortuna dispettosi orgogli/duro non stringon freno;/Sì che il corso non volga ovunque ei sente/Non ignobil favilla arder di mente.…)
Il Vicerè Eugenio di Beauharnais e la sposa Amalia di Baviera, i conti Confalonieri e lo storico Pompeo Litta, lo scrittore Giovanni Verga, il pittore Francesco Hayez, il musicista Gioacchino Rossini , la Regina Margherita di Savoia…furono tutti ospiti dei conti Durini.
Fra tutti gli ospiti spicca il nome di Marianna de Leyva (Milano 1575-1650), figlia del marchese Martino, in religione suor Maria Virginia. Chi era costei?  Proprio colei che fece da modello a uno dei più celebri personaggi del capolavoro manzoniano. Proprio lei, la Monaca di Monza.