Apprendisti
Ciceroni,
marzo 2011
Castello
Durini
Buongiorno. Ben arrivati. Siamo ……………………….. del Liceo Carlo
Porta di Erba. Vi ringraziamo a nome del FAI per essere qui a partecipare alla
nostra 19^ giornata di Primavera, che è
ormai da molti anni un fine settimana dedicato alla scoperta dell’arte e della
natura italiane.
Il castello che stiamo per visitare è il Castello Durini,
situato su un’altura che domina lo scenario naturale fino alle Alpi. (E nelle
giornate più limpide si può vedere anche la vetta del monte Rosa).
Questo luogo rappresenta una delle dodici splendide
residenze lombarde fatte edificare o
appartenute ad esponenti della Famiglia Durini, notissimo ceppo del patriziato
milanese.
Storia
del Castello Durini
Il primo documento che abbiamo di questo castello risale
all’anno 860. Sappiamo che Tadone, nativo di Fabbrica Durini, divenne
arcivescovo di Milano.
Alla fine del ‘300 la famiglia Dal Verme ricevette in feudo la Pieve di Incino, di cui Fabbrica
Durini faceva parte. La famiglia era al servizio dei Visconti, signori di
Milano. Seguì gli Sforza quando questi ultimi succedettero ai Visconti come
signori di Milano.
Dal 1401 al 1407 il castello fu infeudato a Facino Cane, condottiero italiano, che
aveva imparato l’arte delle armi combattendo con Ottone di Brunswick. Facino
Cane combattè poi con gli Scaligeri e per il Marchese di Monferrato e infine
anche per i Visconti di Milano.
Nel 1543 il conte Giacomo Dal Verme vendette i diritti
sul feudo a Fabrizio Casati e la
famiglia Casati fu proprietaria del castello fino al 1748, quando la proprietà
passò al conte Giacomo Durini,
feudatario di Monza. Da allora il castello è sempre rimasto proprietà dei conti
Durini di Monza.
La
famiglia Durini
Un grande casato lombardo, il cui splendore si intreccia
alla storia di Milano, dalle guerre di religione alla Rivoluzione francese, al
Risorgimento italiano.
Originaria di Moltrasio, la famiglia acquisì nel 1648 la contea feudale di Monza e la conservò
sino all’epoca della Repubblica
Cisalpina, fine XVIII secolo, quando il nuovo diritto di matrice
rivoluzionaria abolì i feudi.
Ha lasciato
profonda memoria di sé negli eventi politici, nella cultura e nell’arte:
a Milano
esiste una via Durini, principalmente nota per lo stupendo palazzo,
gioiello barocco iniziato nel 1642.
La famiglia annoverò
pure tre cardinali, fra i quali si distinse Angelo Maria (1725-1795), nunzio apostolico in Polonia, letterato e munifico protettore di
poeti: Giuseppe Parini, significativamente, gli dedicò l’ode “La Gratitudine”.
Nome di spicco fra i Durini degli ultimi secoli fu Antonio, monsignore ed anch’egli
destinato alla porpora cardinalizia se nel 1797 non avesse abbandonato la tonaca
per aderire alla fede rivoluzionaria e repubblicana. Fu podestà di Milano dal 1807 sino alla Restaurazione. Fece
costruire dall’architetto Cagnola (
proprietario e autore della villa
“La Rotonda” a Inverigo) l’Arco della Pace a Milano. L’Arco era iniziato come
arco di trionfo per Napoleone, ma fu poi terminato sotto il dominio austriaco, così il podestà Durini
affermò di averlo fatto per la pace e
fece togliere le effigi di Napoleone. Anche
la neoclassica Porta Ticinese a Milano fu fatta costruire da Antonio Durini.
Altro importante esponente della famiglia fu Giuseppe, che prese parte alle Cinque
Giornate di Milano e fu membro del Governo provvisorio che ne seguì.
A Milano, inoltre, una fondazione istituita nel 1939 da Antonio Durini ne perpetua lo
spirito di mecenatismo con una raccolta d’arte di alto livello, poi donata ed
ora depositata al Castello Sforzesco e
al Museo d’Arte Moderna di Via Palestro.
Il
Castello
E’ un complesso architettonico di grande interesse. Il
fulcro è la torre di origine tardo-romana (V secolo) che
costituì il primo nucleo di un’evoluzione di modi abitativi ininterrotta
sino al primo Ottocento. Ma l’assetto edilizio di chiaro stampo neoclassico gli
fu dato nel primo Ottocento dall’architetto Carlo Amati, uno dei più importanti del suo tempo, allievo del
Pollack e rispettoso seguace della
lezione vitruviana di rigoroso equilibrio e ordine formale. Nel 1815 l’Amati
disegnò la sala da pranzo e la cappella
di palazzo.
Il balconcino che si affaccia dalla torre ha una storia
di orgoglio. In origine si trovava sulla facciata del palazzo di Via Durini a
Milano per consentire al governatore spagnolo del ducato, don Luis Guzmàn Ponce de Leon, di parlare al popolo. Il podio del
Governatore venne rimosso finito il dominio spagnolo, agli inizi del XVIII
secolo.
Il
parco
Il parco sorge
dove prima c’erano vigneti e la sua sistemazione risale alla fine
dell’Ottocento.
Il
viale d’accesso principale a
nord termina con una monumentale scalinata barocca che si allarga alla base con
un effetto fluido di cascata. Risale al Settecento, al periodo teresiano, come
i due rustici che si trovano a fianco del viale.
I
fabbricati rustici erano anticamente occupati da dipendenti agricoli, ma la
villa è ancora centro vitale di residenza. Vi risiedono infatti stabilmente i
discendenti dei conti Durini, il conte
Teobaldo e la contessa Eugenia dal 1989.
L’interno
Entriamo nella SALA
DELLE COLONNE, in stile Impero, progettata da Carlo Amati nel 1815 voluta
dal podestà Durini per seguire la moda del tempo. Precedentemente era la sala
da pranzo, ed aveva forme e dimensioni diverse. La sala è marmorizzata sia
nelle pareti che nelle colonne opera di artigiani del lago di Como. Il
pavimento è in stile Impero con al
centro un mosaico raffigurante la Rosa dei Venti. Il busto dell’imperatore
romano potrebbe raffigurare o Cesare o Augusto.
Il soffitto è a cassettoni del ‘600.
Dalla Sala Impero passiamo nel magnifico SALONE DA BALLO con acustica perfetta ornato
da tre scintillanti lampadari di cristallo di rocca. I lampadari sono stati
restaurati dal Conte Baldo Durini, nel 1989. Nella boccia centrale, per
ricordare il restauro, è stato posto un cartellino e, sorprendentemente, nello
stesso posto è stato trovato un altro cartellino risalente al restauro effettuato
nel 1892. I balconcini erano destinati ai musicisti. Uno degli affreschi
celebra il cardinal Durini, ultimo governatore di Avignone, per aver emanato il
Codice Durini in cui, tra le altre cose, condanna la persecuzione degli Ebrei
Come potete vedere, le sale e i saloni sono stati tutti
accuratamente restaurati, ripristinando anche le pavimentazioni originali di
cotto lombardo e liberandole da
inopportune sovrastrutture. Il soffitto è una tela affrescata
Passiamo ora nel SALONE
DEL PIANOFORTE, così chiamato per la presenza di un prezioso pianoforte,
donato da Giacchino Rossini, ospite frequente in questo castello, alla Duchessa Guglielmina
Litta, moglie di Alessandro Durini, il pittore al quale è dedicata la
Fondazione Durini, che offre al pubblico una raccolta d’arte di grande
importanza.
Notate le lesene marmorizzate con i capitelli in oro
zecchino. Anche questa sala, come la prima, è di stile neoclassico. Molto importante è il soffitto, opera di
Giocondo Albertolli, famoso decoratore di interni, che lavorò soprattutto a
Milano nell’ambito della cultura figurativa neoclassica di cui la città era
allora importante centro.
Il divanetto è di fine ‘800, la console e le poltroncine
sono in stile Luigi XVI
Entriamo ora nella GALLERIA
e osserviamo il soffitto, affrescato da Alessandro Durini, con gli stemmi
di tutte le donne che sono entrate spose in
casa Durini. Ci sono gli stemmi degli Archinto, dei Litta, dei Casati,
dei Ruffino di Diana…. I busti sono quelli di Ercole Durini fratello di
Alessandro, di Guglielmina Litta, moglie di Alessandro e di Giuseppina Casati,
madre di Alessandro (nuora e suocera!)
Il legame della famiglia Durini con Monza è ben
evidenziato dallo stemma del Comune di Monza con Corona Ferrea, Croce di
Berengario e la dicitura:
EST SEDES ITALIAE REGNI MODOETIA MAGNI (Monza è la sede
del grande Regno d’Italia)
Uscendo dalla Galleria ammiriamo lo scalone affrescato e
una portantina, risalente al ‘700 genovese.
Ci troviamo nel portico davanti allo stemma dei Durini
(le strisce rosse spettavano al primogenito, gli altri figli adottavano lo
stesso stemma con le strisce blu)
Mentre la facciata ovest e la scalinata sono barocche,
possiamo vedere che la corte interna a
est è chiaramente neoclassica, inizio ‘800.
Da notare il timpano, l’orologio meccanico e le ali asimmetriche della
corte. Il mosaico con la scritta latina SALVE sulla soglia che introduce nella
galleria è anch’esso tipico dell’800.
Usciamo verso sud lasciando sulla destra le scuderie
nelle quali si ritiravano le carrozze e i cavalli mentre gli ospiti venivano ricevuti nella nobile
dimora e notiamo il GIARDINO PENSILE all’italiana, uno dei pochi, quasi unici, giardini
rinascimentali con labirinti di bossi, ora scomparsi. E’ un vasto terrazzo,
1000 mq, sostenuto da muraglioni e impreziosito da due cipressi che hanno più
di cinquecento anni.
Al centro si nota una cisterna in grado di raccogliere
l’acqua piovana dei tetti di tutto l’edificio. Le due statue risalgono al ‘700.
La chiesa, il cui campanile è ben visibile, (notiamo la
scritta Tempes repello cioè allontano la tempesta) faceva parte del castello e
fu donata dai conti Durini alla curia di Milano venti’anni fa.
Ancora oggi la maggior parte del fabbricato non è
abitata, in attesa di un recupero certamente complesso. Ma l’energia dei
proprietari ha risparmiato questo luogo
dalla speculazione e ha mantenuto
integro questo castello, con la sua millenaria struttura di pietra, in una
cornice agreste che ci ricorda tempi migliori.
Gli
ospiti
La Villa Castello di Fabbrica Durini è stata sempre un
centro di accoglienza per nobili, intellettuali, musicisti e artisti.
Giuseppe
Parini , ospite abituale, dedicò alla famiglia Durini l’Ode “La Gratitudine”. E’
una composizione poetica del 1791 indirizzata al Cardinale Angelo Maria Durini.
La poesia è un testo di carattere celebrativo (“Parco di versi tessitor ben
fia/che me l’Italia chiami;/Ma non sarà
che infami/Taccia d’ingrato la memoria mia./Vieni o Cetra al mio sen;/E canto illustre al buon Durini sciogli./Cui
di fortuna dispettosi orgogli/duro non stringon freno;/Sì che il corso non
volga ovunque ei sente/Non ignobil favilla arder di mente.…)
Il
Vicerè Eugenio di Beauharnais e la sposa Amalia di Baviera, i conti Confalonieri e lo storico Pompeo Litta, lo scrittore Giovanni
Verga, il pittore Francesco Hayez,
il musicista Gioacchino Rossini , la
Regina Margherita di Savoia…furono tutti ospiti dei conti Durini.
Fra tutti gli ospiti spicca il nome di Marianna de Leyva (Milano 1575-1650), figlia del marchese
Martino, in religione suor Maria Virginia. Chi era costei? Proprio colei che fece da modello a uno dei
più celebri personaggi del capolavoro manzoniano. Proprio lei, la Monaca di
Monza.
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