Buongiorno. Siamo ......, ......
e.....(nomi),studenti del Liceo Carlo Porta di Erba.
Vi ringraziamo a nome del FAI per essere
qui a partecipare alla 25^ edizione delle GIORNATE DI PRIMAVERA, che è ormai da
molti anni un fine settimana dedicato alla scoperta dell'arte e della natura
italiane.
Il FAI, Fondo Ambiente Italiano, è
una fondazione senza scopo di lucro, nata nel 1975, per tutelare e rendere
fruibile per tutti il patrimonio artistico e naturale italiano. La sua missione
è conservare, restaurare e aprire al pubblico dimore storiche e aree naturali,
proteggendole dal tempo, dalla speculazione e dal degrado.
Ci troviamo a Erba, località
Crevenna, davanti alla Chiesa
di S. Maria degli Angeli e a Villa Amalia.
Nel 1489 grazie all’aiuto
economico dei Carpani, nobili di Incino Erba, i francescani frati minori
osservanti fondarono un cenobio. Dopo circa un secolo il convento passò ai padri
riformisti, prendendo il nome di Convento
di Santa Maria degli Angioli. I frati qui pregavano e lavoravano, confezionando e tingendo gli abiti
per i Francescani della provincia di Milano.
Dove in passato sorgeva
l’antico convento di Santa Maria degli Angeli, venne edificata una sontuosa
villa di delizia chiamata Villa Amalia.
Nel 1799 il convento, per legge, fu soppresso e l’immobile fu quindi alienato e
messo all’asta. Il nuovo proprietario,
il conte Rocco Marliani, veronese di nascita, milanese di adozione, iniziò le
opere di adattamento dello stesso per trasformarlo in villa. Il conte Marliani avrebbe
voluto abbattere l’intera costruzione, ma una sollevazione popolare lo indusse
a piegarsi “a più miti consigli” e a intervenire in modo meno invasivo.
L’architetto viennese Leopold
Pollack, allievo del Piermarini, creò allora una residenza neoclassica,
terminata nel 1801, e integrata nel preesistente convento francescano. Egli
destinò le parti del fabbricato ai vari usi domestici, cercando di sfruttare i
locali grandiosi del vecchio convento. In questa progettazione si dimostrò
molto “moderno”, sapendo ottimizzare gli spazi anche in relazione alla loro
destinazione funzionale.
Venne tuttavia abbattuta la
parte del fabbricato dietro l’altare maggiore della chiesa, dando accesso al
cortile interno e creando in questo modo l’entrata principale della villa:
furono tolti il coro della chiesa e la sacrestia maggiore. Anche il cimitero
laico e quello ecclesiastico subirono la stessa fine e furono purtroppo chiuse
e distrutte tutte le cappelle laterali esistenti nella chiesa.
VILLA
Il maestoso cancello in
ferro battuto immette sul viale ghiaioso d’accesso alla villa. Aldilà della
siepe di bosso, attaccata due anni fa da un parassita, sono presenti pini e
abeti. Notiamo alla nostra destra un Cedro dell’Himalaya, mentre a sinistra
diversi tassi. Non essendoci lavori di manutenzione nel parco da diversi anni,
le specie infestanti erbacee e arbustive, come Phytolacca americana, Aucuba
japonica, Trachycarpus (palma giapponese), si stanno diffondendo liberamente.
L’ingresso attuale della
villa è il risultato di una precisa scelta progettuale dell’arch. Pollack, che
pose come asse privilegiato dell’edificio quello orientato est-ovest, rispetto
al precedente assetto conventuale impostato nord-sud. Questo passaggio permise
la definizione dell’ampio cortile (ex chiostro) quadrangolare, detto Cortile
d’onore, che ancora oggi determina uno spazio arioso e destinato
all’accoglienza. Riscontriamo dunque tra gli obiettivi dell’architetto l’intenzione
di regolarizzare quegli antichi spazi del convento che risultavano da
un’aggregazione non sempre regolare e precisa.
Il corpo centrale dell’edificio
è più alto delle due ali laterali, destinate a corpi di servizio. La gradinata
permette l’accesso alla sala degli specchi di impostazione neogotica. La
specchiera al centro dell’ambiente permetteva il riflesso della suggestiva
cornice montuosa del Resegone. Le tre portefinestre sono unite dal fregio
soprastante, dai tratti leziosi e leggeri che raffigura putti intenti alla
vendemmia ed elementi naturalistici. Una
sequenza di riquadri con festoni che si dispongono ai lati degli ingressi
costituisce un chiaro richiamo alla classicità e determina nella lettura della
facciata un sistema proporzionato di pieni e vuoti (muri, aperture, riquadri). La
fascia marcapiano grigia, elemento lineare e ordinatore del corpo principale,
continua anche sulle due ali laterali, conferendo all’edificio maggiore
austerità e preannunciando il tono decisamente neoclassico della facciata
principale della villa.
Ultimata la parte
costruttiva, Pollack e si dedicò al parco, aprendolo a raggiera e fondendo lo
spazio con soluzioni d’avanguardia.
I versi oraziani della Satira VI del II libro riportati sulla
lapide posta sopra il portico detto Alla Cappuccina sono indice della
soddisfazione del proprietario.
HOC ERAT IN
VOTIS: MODUS AGRI NON ITA MAGNUS,
HORTUS UBI ET TECTO VICINUS IUGIS AQUAE FONS
ET PAULUM SILVAE SUPER HIS FORET. AUCTIUS ATQUE
DI MELIUS FECERE. BENE EST. NIHIL AMPLIUS ORO
Horat. SATIR VI LIB II
Questo era
nei miei desideri: un pezzo di terra non tanto grande,
dove ci fosse un orto e vicino alla casa una fonte di acqua perenne
e un po’ di bosco oltre a queste cose: di più e
meglio hanno fatto gli dèi: va bene! Non chiedo nulla di più…
I lavori terminarono nel
1801 e il Marliani volle commemorare questa data con una lapide infissa in una
parete del cortile SUL LATO NORD, dedicando la villa alla sua consorte Amalia.
ROCHUS
PETRI FIL MARLIANUS
Rocco Marliani figlio di Pietro
DOMO
MEDIOLANO milanese di residenza
COENOBII
VETERIS OPERIBUS A SOLO AMPLIATIS ingranditi i fabbricati di
un antico convento dalle fondamenta
VILLAM
EXTRUXIT ORNAVIT costruì e abbellì una villa
AMALIAM Amalia
EX
CONIUGIS KARISSIMAE NOMINE dal nome della carissima consorte
APPELLANDAM da chiamarsi
ANNO
MDCCCI (MILLESIMO
OCTINGENTESIMO PRIMO =1801)
I tre esemplari di Olea fragrans fioriscono in autunno; i
piccoli fiori profumatissimi consentono di assaporare la primavera anche nei
mesi più bui e freddi dell’anno.
Il pozzo e il fauno, opera
di un allievo del Canova, furono inseriti nella seconda metà dell’800.
Pollack, abile disegnatore
di parchi reali e giardini patrizi, volle cingere pure il maestoso edificio di
un vasto giardino che segna il passaggio da quello all’italiana a quello
all’inglese. Le siepi di bosso e la piantumazione ordinata di tre esemplari di
faggio, cipresso, tasso coesistevano
con il bosco solcato dal torrente
Lambroncino. L’area del parco a nord-ovest presenta i tipici elementi del jardin anglais, termine usato da
Stendhal che fu a Villa Amalia nel 1816, ovvero gallerie, gruppi marmorei,
edicole, obelischi incastonati in un insieme di specie arboree differenti.
Il sistema dell’edificio e
del parco prevedono anche corpi di servizio tra i quali la fattoria rustica recentemente
restaurata, le serre, le vasche di raccolta delle acque ed una ghiacciaia.
Degno di nota il giardino
d’inverno riscaldato, una veranda di ferro e vetro, adiacente alla sala da pranzo,
in cui era possibile osservare il paesaggio, fare colazione, leggere. L’arredo,
le statue e le pitture, le piante sempreverdi, il ghiaietto bianco della
pavimentazione rendevano questo spazio un’orangerie,
di cui vantarsi.
Una fontana con dei putti è
collocata nel giardino di fronte alla facciata.
L’interno della villa è
suddiviso in diversi ambienti secondo la moda dell’epoca. Le porte
perfettamente allineate consentono una visione a cannocchiale.
Sala da pranzo(ricevimento genitori)
Sala di lettura (sala docenti)
Sala dell’Aurora
Salotto giallo (presidenza)
Salotto rosso(segreteria)
Salottino d’angolo
La facciata occidentale dell’edificio è caratterizzata da
un pronao tetrastilo con colonne e
lesene di ordine ionico, sopra cui si affaccia un’ imponente terrazza. La parte
superiore è occupata da un timpano decorato da finissimi monocromi e dominato
dallo stemma degli Stampa di Soncino: un leone rampante con il motto NON FORTUNA SED VIRTUS.
I fregi monocromi di
Giuseppe Bossi sopra le portefinestre raffigurano le stagioni della primavera,
dell’estate e dell’autunno. La giocosità dei putti contrasta con la serietà
dell’impianto architettonico neoclassico.
La fascia marcapiano
prosegue separando i due livelli del corpo principale, conferendo una forte
orizzontalità all’insieme. Le cornici delle finestre a destra e a sinistra sono
aggettanti e determinano un ritmo chiaroscurale della facciata più marcato
rispetto al fronte orientale. Uno splendido esempio di facciata neoclassica, che
Pollack progetta facendo riferimento alle architetture cinquecentesche di
Palladio, dalle quali coglie la predilezione per un linguaggio sobrio e
composto, per una certa semplicità leggibile anche nelle forme piuttosto
stilizzate dei capitelli ionici. Rispetto alla facciata del Cortile d’onore o
del pozzo, riscontriamo un allontanamento dal decorativismo gentile e grazioso,
retaggio degli insegnamenti piermariniani, per confermare un accento decisamente più
classicista. Anche in questo caso l’architetto è attento alla destinazione
funzionale del pronao, che per Villa Amalia si trasforma quasi in un’apertura
verso la radura che anticipa il bosco. Tale pronao evidenzia attraverso la
profondità del corpo, il tema della
trasparenza e della apertura dei fronti verso il paesaggio che sembrano connotare
Villa Amalia.
La
sala dell’Aurora deve il suo nome al dipinto ad olio di
Giuseppe Bossi. Il pittore espose la sua opera a Palazzo di Brera a Milano nel
1805 e in seguito la posizionò al centro del soffitto a volta di questa stanza.
L’Aurora, il cui volto
ritrae quello di Amalia, è una donna alata, avviluppata da chiari panneggi, che
tiene nelle sue mani ghirlande di fiori e che si eleva nel cielo ormai inondato
dalla luce. Ai suoi piedi il putto Lucifero, dai bei lineamenti, con la
fiaccola accesa è in grado di respingere le tenebre della Notte, una figura che
si sta eclissando sotto un manto scuro.
Alcuni critici hanno
sottolineato l’imponenza giunonica della figura femminile che richiama l’arte
michelangiolesca, per la resa accentuata dei volumi, altri hanno esaltato la
semplicità descrittiva di Bossi e gli effetti luministici che ha ottenuto
grazie a velature trasparenti che si sovrappongono. Il tema della luce in
dialettica con le tenebre, potrebbe alludere a un atto di fede verso la ragione
e nel contempo essere un omaggio alla moglie Amalia.
Il pavimento è un
capolavoro! Al centro della sala c’è un rosone musivo di eccellente fattura. Le
tessere della sezione centrale lasciano il posto al seminato nella cornice
laterale. La resa cromatica dell’insieme è impostata su vari toni di grigio che
non interferiscono con i colori caldi del dipinto della volta.
Di età successiva, fine ‘800,
sono invece le sovrapporte opera di Felice Zennaro, raffiguranti la Geometria, l’Industria, la Musica, la Pittura. La Scultura e la Poesia non sono più
visibili.
Il colore e la doratura delle
porte, la sequenza dei festoni dorati richiamano la volta e i fregi che
congiungono la volta alle pareti. Ricordiamo questi festoni presenti anche
sulla facciata orientale.
Il tondo del fregio sopra il
camino rappresenta Amalia Masera(naso!)
Sul lato opposto il tondo
rappresenta Maddalena Marliani, figlia di Rocco, moglie del banchiere milanese Paolo
Bignami, amante di Ugo Foscolo.
I busti in marmo policromo di
Settimio Severo (pianoforte) e di
Caracalla sono copie ad opera di uno scultore lombardo di originali conservati
al Museo Nazionale di Napoli.
Sul caminetto il busto di Giuseppe
Parini, opera di Rizzardo Galli, originariamente posto nell’edicola nel parco e
i busti (attribuzione non certa!) di Gedeone Bressi e di Johanna Faust,
genitori di Lucia Bressi, consorte di Alberto Amman, opere di Giosuè Argenti
del 1880.
La serra delle begonie
ospitava anche piante fiorite esotiche, orchidee e felci.
CHIESA
DI SANTA MARIA DEGLI ANGELI
La Chiesa, che risulta già
completata nel 1485, fu consacrata il 21 gennaio 1498 dal
francescano Mons. Guglielmo, vescovo titolare di Segone in Corsica, perciò
detto Corsico.
Dalla
piazza una scalinata porta all'ingresso sormontato da un bel rosone. La facciata fu completamente ridipinta a
metà dell’800 in stile neo-gotico a finti elementi architettonici: cornici,
colonne, nicchie con statue di santi.
Sono
riconoscibili a sinistra i santi Pietro (in basso, con le chiavi) e Rocco (in
alto, con l’abito da pellegrino, il cane e la piaga sulla coscia), a destra
Paolo (con la spada) e Antonio abate (con abito monacale, bastone e maialino).
La chiesa è dedicata a Santa Maria degli Angeli, ma è popolarmente indicata
come chiesa di Sant’Antonio perché conserva la reliquia della mano del Santo.
Ancora oggi viene riaperta in occasione della fiera di Sant’Antonio, il 17
gennaio.
Non
stupisce dunque la rappresentazione del Santo in facciata, mentre la presenza
di San Rocco potrebbe essere legata a uno dei proprietari della villa, Rocco
Marliani. Si tratterebbe, dunque, di un omaggio al santo onomastico.
L'interno
della chiesa è a navata unica con copertura lignea sorretta da tre arconi
ogivali. Tale architettura è tipica degli ordini mendicanti, che nascono nel
XIII secolo (ecco perché gli archi acuti gotici) e pongono in primo piano la
predicazione (ecco perché l’aula unica: tutti i fedeli sono raccolti in un
unico spazio e la loro attenzione si focalizza sul predicatore). Lo sguardo del
fedele e del visitatore è subito attratto dal grande affresco della Crocifissione situato sull’arcone trionfale, opera di
pittori della scuola di Bernardino Luini. L’affresco è pressoché
identico a quello eseguito dall’importante pittore leonardesco Bernardino
Luini nel 1529 nella chiesa di Santa Maria degli Angeli a Lugano, che ai
tempi faceva parte della Diocesi di Como,
nella stessa posizione (arcone trionfale).
Sulla
vasta parete troviamo al centro le tre croci. Da notare sopra le croci la
rappresentazione delle anime dei ladroni come piccoli uomini nudi: quella del
buon ladrone (a destra di Cristo) è colta in preghiera mentre un angelo la
eleva al cielo, mentre quella dell’altro ladrone tenta disperatamente di
sfuggire alle grinfie di un demonio. Da notare anche le gambe dei ladroni, che
dalle rispettive croci si protendono in avanti con un meraviglioso effetto di
sfondamento dello spazio.
In
secondo piano, ai lati delle tre croci, sono dipinte due logge entro cui si
svolgono alcuni episodi della passione di Cristo: la preghiera nell’Orto degli
ulivi (in alto a sinistra), la derisione (in basso a sinistra), l’ascensione
(in alto a destra) e l’incontro con l’apostolo incredulo Tommaso (in basso a
destra). Tra le croci si vedono invece il Cristo portacroce e il compianto.
Nella
parte più bassa dell’affresco sono rappresentati, nel lato sinistro il gruppo
delle pie donne, nel lato destro i soldati che si giocano ai dadi le vesti di
Cristo.
Da
notare la caratterizzazione dei personaggi, colti in gesti quotidiani che
avvicinavano all’episodio sacro ai fedeli (abiti secondo la moda rinascimentale,
cagnolini che giocano, bimbo che si aggrappa al velo della madre…).
Purtroppo
parte dell’affresco non è più visibile perché risulta tagliato dall’arcone
aperto nel 1738 per inserire sull’altare
il nuovo tabernacolo con tempietto ligneo, opera dei fratelli Torricelli di
Lugano. Il tabernacolo, strutturato su tre livelli, presenta una serie di
altorilievi dipinti e dorati con episodi del Vangelo.
Fino
al 1797, nella parete laterale destra, si aprivano quattro cappelle, che Pollack fece demolire per far posto all’abitazione
del custode e a locali di servizio alla Villa che stava progettando. Si notano
ancora le dedicazioni delle cappelle, inserite in cornici architettoniche
affrescate sugli arconi.
Sulla destra degno di nota è l’affresco della Madonna in trono col Bambino, tra angeli musicanti, venuta alla
luce nel corso dei lavori di scrostamento. Datata 1496 è attribuita a Giovan
Pietro di Cemmo. Al di sotto di esso si intravede il sommo di un Uomo dei dolori (cioè Cristo con gli
strumenti della passione: croce, corona di spine, spugna con l’aceto, lancia).
Lungo la parete destra sono murati il Mausoleo di Massimiliano Stampa con un bassorilievo
attribuito al Canova e quello dell’imprenditore
tessile, conte Alberto Amman.
Sul lato sinistro troviamo alcune opere devozionali (a partire dal fondo
della chiesa: San Rocco, Sant’Antonio abate, una cornice vuota in cui c’era un
Bambin Gesù, una natività e San Carlo Borromeo con un frate francescano. Da
notare il piccolo pulpito marmoreo
quattrocentesco trasportato qui dall’Abbazia di Chiaravalle dagli Stampa di
Soncino.
Opere di restauro e di manutenzione
hanno interessato la chiesa a partire dal 1994; i lavori hanno valorizzato i
reperti, le tele e gli affreschi, nonché i lacerti degli intonaci
quattrocenteschi, al fine di riproporre ove possibile l’edificio antico.
I
PROPRIETARI
1799-1828 MARLIANI
Rocco Marliani, avvocato e
studioso di diritto, fu consigliere della Corte d’Appello durante la Cisalpina e ricoprì
diverse cariche pubbliche. Uomo brillante, ammirato dalle donne, vero mecenate,
amò circondarsi di scrittori e poeti, ai quali offrì nella sua villa di Erba,
lo sfarzo dei ricevimenti. Sposò Amalia Masera, donna colta e raffinata,
frequentatrice dei salotti milanesi. Dal loro matrimonio nacquero quattro figli:
Maddalena, Pietro e Marco Aurelio (del quarto non si hanno notizie certe).
http://www.urfm.braidense.it/palchi/cronstoria_query.php?Testo=&Citato=Stendhal&Come=&Limit=1&Offset=5
1828- 1843 MARIETTI
Villa Amalia passò poi dai
Marliani ai fratelli Marietti, appartenenti al mondo bancario milanese.
1843- 1886 STAMPA DI SONCINO
Nel 1843 la dimora divenne
proprietà del conte Massimiliano Cesare Stampa di Soncino, il quale la
ristrutturò secondo temi neogotici, lasciando intatti soltanto gli esterni, il
salone dell’Aurora e il portico della Cappuccina. Alla morte di Massimiliano Stampa
di Soncino, la giovane moglie, la contessa Cristina Morosini soggiornò per
brevi periodi a Villa Amalia. Poiché vantava fra i suoi antenati dei dogi
ritenne opportuno marcare la sua dimora erbese con il simbolo di Venezia. Fece
così posizionare due leoni alati ai lati della scalinata del pronao.
1887- 1923 AMMAN
Alberto Amman imprenditore
tessile nato a Monza e la moglie Lucia acquistarono la villa. Dopo la loro
morte l’immobile fu ereditato dalle due figlie:
FANNY che sposò il conte Giulio Padulli (Fanny
abitò a Erba con il marito e i figli Gerolamo e Camilla, tanto che la villa
cambiò nome in VILLA PADULLI)
&
LUISA che sposò il marchese
Camillo Casati Stampa (Luisa si separò presto dal marito e condusse una vita
dissoluta ed eccentrica…relazione con Gabriele D’Annunzio, oppio, cocaina, feste sbalorditive, mise stravaganti)
Nel 1923 la villa venne
acquistata dalla famiglia CHIESA di
Chiasso.
Nel 1940 passò ai FRATELLI DELLE SCUOLE CRISTIANE.
I Fratelli
delle Scuole Cristiane sono una congregazione religiosa cattolica
fondata nel 1680, che gestisce in tutto il mondo numerose scuole e centri
educativi, tra cui l'Istituto Gonzaga
di Milano.
Il Fondatore è il sacerdote
francese Jean-Baptiste de La
Salle, (da cui prende il nome il piazzale) proclamato da
Pio XII "patrono degli insegnanti e di tutti gli educatori" e
festeggiato dalla Chiesa Cattolica il 7 aprile. Giovane sacerdote, abbandonò
agi e ricchezze di famiglia per dedicarsi integralmente all'educazione degli
ultimi e dei piú deboli: i bambini poveri.
Dal 1962 è di proprietà dell’ AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI COMO che
l’ha destinata ad uso scolastico ospitando dal 1968 il Liceo Scientifico
Galileo Galilei e dal 1998 il Liceo Statale Linguistico e delle Scienze Umane Carlo
Porta.